giovedì 5 febbraio 2015

  Consigli




Salone del Libro di Torino - maggio 1989



I semi a volte germogliano e spesso portano frutti ed è impossibile prevedere chi mangerà un frutto e che beneficio ne potrà trarre. 

Com'erano diversi i tuoi scritti sulla carta ingiallita che ritrovai un giorno tanto tempo fa, con quella tua calligrafia elegante sui fogli di brutta con le correzioni. Conservavi tutto dalla tua giovinezza e quei fogli sono arrivati fino a me dopo tutto quel tempo.

Cosa rimarrà dei nostri scritti conservati nei file immateriali all'interno di un computer, impressi su molecole di silicio, lettere virtuali, le email inviate e ricevute, parole intrappolate nelle maglie dell'immenso www, la rete grande come il mondo...

A volte indulgo in ricordi, altre volte mi soffermo su persone care, sui loro problemi e gioie, altre volte faccio voli pindarici su progetti e speranze, altre ancora pondero e osservo il mondo circostante, la città, la gente oppure ripenso ad avvenimenti di cui ho avuto notizia, ma sempre lo faccio come eri solito farlo tu, cioè dalla prospettiva del Cielo.

Peter*, aveva inventato una efficace analogia, parlava del 'grattacielo della coscienza', un grattacielo tra mille altri, la nostra coscienza in mezzo ad una foresta di altre coscienze, un grattacielo interiore sul quale abbiamo facoltà di salire o scendere con la volontà. Quando si sale ai piani alti la prospettiva cambia; al pian terreno o al primo piano il sole arriva solo raramente e i particolari delle cose si vedono molto chiaramente ma manca la visione d'insieme. Salendo un po' per volta con l'ascensore si comincia a vedere più lontano, si scorgono gli altri grattacieli, fino ad arrivare al punto in cui si vede l'intera città, ancora più su si scorge l'orizzonte e le nuvole più basse si trovano addirittura addirittura sotto di noi, le auto in strada sembrano giocattolini e le persone formiche indaffarate che corrono veloci senza senso apparente, o almeno, il motivo delle loro corse ci appare ridicolo da quell'altezza. Così in alto è impossibile accarezzare una persona che si trova in strada o parlargli, impossibile sentire il miagolio di un gatto o il pianto di una bambino; per agire bisogna quindi stare alla base, insieme agli altri, essere a contatto con le cose, mettere le mani in pasta.

Ma per avere una visione d'insieme, vedere il quadro, il mosaico fatto da miriadi di tasselli cioè le varie componenti della nostra vita, di quella degli altri, la nostra storia personale, la storia dell'umanità, per valutare i fatti e le loro conseguenze e soprattutto per prendere decisioni più sagge, bisogna prendere distanza, elevarsi, guardare se stessi, le situazioni, il mondo e i suoi eventi da una prospettiva più ampia possibile cioè bisogna prendere l'ascensore per i piani più alti sul grattacielo della coscienza.
Quando si è là, più vicini al Cielo, l'aria è più sottile, la mente si placa, arrivano pensieri profondi e gli angeli cominciano a percepire la nostra anima... come una piccola fiammella tremolante, una piccola luce che perfora la spessa coltre di nebbia in cui siamo immersi.
L'analogia del caro Peter mi è sempre rimasta in mente. 

Tu non avevi bisogno di 
questa ingegnosa analogia perché le risposte alle mie domande prescindevano già da questa visione dall'alto, da una prospettiva che spaziava su ampi orizzonti. Il giorno in cui sei partito, il forte vento e il sole tiepido preannunciavano la primavera ma tu preferisti rinascere nell'Altrove.
Avevi vissuto una vita semplice ma coraggiosa. La visione di un possibile futuro, non solo tuo, ma migliore per tutti, ti aveva spinto a superare gli ostacoli e i timori e a buttarti in avventure che solo in tarda età hanno dato i risultati che speravi. Hai lavorato instancabilmente per portare agli altri parole di saggezza e hai osato immaginare un mondo diverso nonostante gli orrori della guerra li avessi visti con i tuoi occhi.

Il terreno culturale in cui il mio seme è germogliato era ricco del tuo nutrimento e la mia mente ha trovato senza sforzo gli stimoli per crescere. La libertà e il senso di responsabilità che mi hai dato nell'educazione mi ha consentito di esplorare il mondo e me stessa senza bisogno di contrappormi a te in modo violento come spesso accade ai figli. Il primo lavoro ma soprattutto il secondo, te lo sei creato tu stesso con le tue capacità e la tua intraprendenza e ti sei messo al servizio della causa in cui credevi; hai creduto in un progetto per uno stile di vita migliore e me lo hai lasciato in dono. Ho continuato la tua nobile e interessante professione finché è stato possibile.

Dopo la tua dipartita l'Amicizia che per te era sacra, fu tradita e tutto crollò anche per me. La miseria umana è grande e la verità difficile da digerire. Tornai nella nostra grande città e ricominciai a germogliare ancora una volta nel suo ventre, proprio sotto il suo grande monumento-simbolo. Per quattro anni il mio rifugio fu una graziosa mansarda nella 'via  delle sartine' ** 

Da cinque anni sono maestra elementare, la professione che tu mi avevi sempre consigliato di intraprendere e per la quale ho studiato da ragazza. Quel vecchio diploma mi ha salvata dopo la fine, per licenziamento, della mia seconda professione. Mi rattristava il fatto di non avere bambini intorno, neanche un nipote. Avresti voluto un altro figlio... a quest'ora forse lo avrei, un nipote... ma la mamma non voleva. Ora, i bambini che mi vengono affidati a scuola, sono tutti nipotini che amo profondamente ma in modo disinteressato come fanno le zie e le nonne. L'energia per sopportare questo non-mondo la trovo spesso nei loro occhi e nelle loro parole, nei cuori rossi e nei fiori dei disegni che mi regalano ogni giorno.

In questa epoca amara è sparita la gioia di vivere tra gli adulti, anche tra chi non ha problemi particolari, e questo è gravissimo per i bambini. La nostra Madre Terra viene violentata e la guerra è ovunque, chi ne soffre di più sono i bambini e le donne, come sempre i più deboli e i giusti. La guerra è ancora dentro di noi come un seme malefico, un... virus, come un tempo veniva chiamato il veleno. Ma il "veleno", il farmakon può uccidere o salvare, questo si sa... il Tempo galantuomo svelerà la verità, basta aspettare con la virtù dei forti.

Nella foto che ho messo qui, la tua espressione rivela gioia e fierezza. Mi sembra di meritare ancora quell'espressione sul tuo viso, ancora sento il calore di quell'abbraccio anche se ora sei invisibile, "nella stanza accanto".

Le semplici cose che mi ripetevi sono ancora scolpite nella mia memoria e ci rimarranno:
  • gli esseri umani sono 'impastati di bianco e di nero', in tutti noi c'è una parte di luce e una d'ombra, l'importante è far sì che in noi la parte di Luce prevalga 
  • mai scoraggiarsi per non aprire la porta al Male che può avere forme impensabili
  • mai avere paura se non della paura stessa che paralizza e non ci fa godere la Vita
  • quasi sempre meglio agire che non agire, anche l'esperienza negativa ci insegna 
  • usare sempre il grano salis, il buon senso istintivo e naturale che Dio ci ha dato per evitare inutili sofferenze a noi stessi e agli altri. Mi parlavi facendo riferimento ai classici Greci e Romani che amavi e che sono alla base della tradizione dell'Occidente
  • dire sempre la verità ma con cautela e grazia perché spesso la verità fa male
  • fidarsi del prossimo ma tener conto che il suo lato ombra può tradirci per qualche motivo, spesso inconscio
  • avere fiducia nel futuro e nell'umanità nonostante fino ad ora la Storia sia quella di una specie primitiva e violenta
  • tener conto che la Natura è enormemente più saggia di noi, presuntuosi umani, e alla fine ha sempre ragione nonostante appaia crudele, semplicemente i suoi tempi sono infinitamente più lenti. Essa tende a conservare la Vita anche per mezzo della morte 
  • la verità il più delle volte è un paradosso e il più delle volte sta nel mezzo


* Peter Roche De Coppens (1938 - 2012), professore universitario, sociologo, conferenziere internazionale e autore di parecchi testi di spiritualità e nuova consapevolezza.

** Via Verdi veniva chiamata così perché nell' 800 tante donne sole sbarcavano il lunario cucendo per le grandi e prestigiose sartorie torinesi.