martedì 12 dicembre 2017

Gesù bambino viene a trovarmi!!




"Quando suona mezzanotte di Natale, 
ogni bimbo con la mente in cielo sale, 
e a cavallo di una stella se ne va, 
al Presepio della sua felicità..."



"Ma come fanno a entrare, mamma?"
"Dal buco della serratura! Fanno una magia e diventano piccoli piccoli per passare, poi tornano grandi. Gesù benedice la casa e ti dà un bacino. Sai, lui conosce tutti i bambini uno per uno per nome. Babbo Natale invece si occupa di trovare il regalo giusto per te nel suo grande sacco, e lo lascia sotto l'albero, poi pian piano escono e vanno dagli altri bimbi."

Per me Natale voleva dire aspettare la visita di Gesù Bambino e di Babbo Natale...
Andavo in fibrillazione già dal primo dicembre ma non per l'idea dei regali, certo c'erano anche quelli e non sapevo mai cosa mi sarebbe arrivato; mi facevo l'esame di coscienza per capire se avrei ricevuto qualche regalo o il carbone... lo facevo sul serio, era un vero esame di coscienza coi fiocchi. Ho fatto arrabbiare troppo la nonna? Ho risposto male alla mamma? Ho disturbato troppe volte papà mentre lavorava? Se mi sembrava di non aver esagerato tiravo un sospiro e cominciavo a pregustare l'emozione della sorpresa. Se invece sapevo di aver esagerato un po' pensavo: beh... forse me lo merito, ma forse Gesù e Babbo Natale mi perdonano...
L'emozione più grande era pansare che comunque, il piccolo Gesù mi faceva l'incredibile onore di passare da casa mia! Proprio a casa mia...
Babbo Natale lo accompagnava e il suo compito era quello di portare i regali, ma il personaggio importante era lui, il piccolo bimbo biondo in camicina da notte bianca, che non pativa il freddo.

Durante l'Avvento, passavo ore ad ascoltare le canzoni di Natale di un 45 giri che conservo ancora. Cantavo anche io col disco Tu scendi dalle stelle, Bianco Natale e le altre, immergendomi in quell'atmosfera rarefatta di buoni sentimenti, di perdono, di benessere, di bontà, dove tutti i mali del mondo magicamente sparivano per lasciar posto alla gioia più profonda.

Pian piano il mio cuore saliva in alto e osava immaginare Dio, il nostro Padre Celeste.
Non lo pensavo come il vecchio barbuto delle immagini sui libri, non sapevo proprio come immaginarlo, ma avevo fiducia in Lui perchè aveva creato dal nulla tutto ciò che esiste nella Natura e anche me.

Ancora oggi, quando sento l'odore di mandarino, quello vero coi semi, mi tornano in mente quei giorni e le mie inconsapevoli 'preghiere'.
Erano gli anni '60 e il Natale non era ancora fatto solo di regali ma anche di sincera e ingenua spiritualità.

La canzone che mi faceva sognare di più e questa, parla di bimbi che viaggiano nel cielo a cavallo di stelle comete...

sabato 4 novembre 2017

Essere o non essere...



Da bambina ebbi spesso stranissimi fenomeni fino agli 10-11 anni circa. 
Quando non ero distratta da alcunchè, persa nei miei pensieri o 'incantata' oziando per esempio in certi pomeriggi invernali, mi capitava di venir sorpresa da una sensazione fortissima di straniamento e realizzazione di una realtà inconfutabile; non era un vero e proprio 'pensiero' ma una sensazione-realizzazione inesprimibile; se cerco di tradurla in parole potrebbe essere: 
"Sono qui adesso, ma potrei NON esserci". 

Durava credo qualche minuto, circa due o tre (anche se il tempo sembrava dilatarsi ed è quindi difficile determinare la durata) lasciandomi con l'urgenza di comunicare questa cosa importantissima a chiunque intorno a me. 

Sapevo che l'unico che poteva capirmi poteva essere mio padre ma quando tentavo di comunicargli ciò che avevo appena vissuto mi accorgevo che il linguaggio era assolutamente non inadeguato a trasmettere quel messaggio. mi sembrava insomma di essere appena arrivata in questa vita ma che avrei potuto essere... Altrove.

La traduzione in parole non rendeva assolutamente la realtà di ciò che vivevo in quei momenti. Provai molte volte a spiegare a mio padre ma alla fine, verso i nove anni, mi arresi...  
All'inizio della pubertà quella sensazione arrivava ormai sempre più rara. 
Una volta, verso i dodici anni, riuscii ad indurla, ma fu l'ultima volta e mi era molto chiaro che qualcosa stava cambiando in me, non avevo più le rarefatte e magiche sensazioni che la natura e le cose evocavano, il mondo in cui ero immersa diventava sempre più pesante e difficile.

Gli interessi sempre più 'pratici' della mia vita, compreso l'interesse e la curiosità verso l'altro sesso, il primo folle innamoramento, spazzarono via queste "mistiche" ed inesprimibili rivelazioni.

sabato 21 ottobre 2017

Il desiderio dell'anima

 



Se chiedo a me stessa quale fosse il "sogno" che avevo da bambina, quello più antico, ciò che avrei voluto fare "da grande", non ricordo nulla di particolare. Quasi tutte le mie compagne e i miei amichetti avevano un sogno... io apparentemente no.

Non avevo un sogno particolare ma avevo un desiderio che ora riconosco come "desiderio dell'anima" che mi ha sempre accompagnata.
In età prescolare, in inverno, stavo ore a disegnare nella stanza-ufficio da disegnatore per libri di testo che mio padre aveva in casa, facevo tatissimi disegni in cui c'era tanta erba molto alta, a volte "alta fino al cielo" come annotava mio padre a penna, sul disegnino, sotto mia dettatura.

Un giorno, mi sembra avessi 11 anni, mi prese un vero e proprio "fuoco sacro" una forte spinta a descrivere con disegni e parole, quello che avevo intuito e che mi impegnò un'intera giornata.
Creai una specie di calendario dove invece dei mesi si sfogliavano quadretti commentati sul nostro rapporto di 'dipendenza' dalla Natura e dal suo benessere.
Parlai delle stelle, del fuoco, della terra, degli animali e di tutto ciò che è sul nostro pianeta. 
Scrissi in poche righe il perchè tutto ciò era a noi indispensabile e con noi interconnesso.
Sentivo forte in me l'importanza di ogni forma della Natura.

Mio padre, il mio primo Maestro, rimase molto colpito e mi disse "Brava...!!", con quel suo tipico tono deciso e quell'espressione sul viso che aveva quando era molto fiero che rivelava una forte emozione e che mi rendeva felice e considerata. Purtroppo non ho conservato quel prezioso "calendario".

E poi, negli anni a venire, immaginai di un villaggio, un paesino in cui l'armonia era tangibile. Quelle immagini che qualcuno definirebbe da "mulino bianco"... 
Vi fu un tempo in cui questo desiderio dell'anima si realizzò. 

Mio padre partecipò attivamente alla costruzione del "Villaggio Verde" ma non fece in tempo ad andarvi ad abitare ma in seguito lo feci io e il mio desiderio fu esaudito "a tempo determinato" cioè per circa otto anni.
Non vivo più in quel luogo perchè la vita mi ha portato su altre strade ma il desiderio dell'anima è ancora presente e si collega a tutti quelli degli Uomini e Donne di Buona Volontà che vivono su questo pianeta verde-azzurro che tutti dovremmo difendere strenuamente con "pensieri, parole e opere e... senza omissioni".









giovedì 10 agosto 2017

Madre Natura, Madre Terra

 
(...) L'uomo si dimostra sempre più vittima di forze viscerali, pericoloso per l'umanità e per Madre Natura. Ha avvelenato ogni cosa con sentimenti carichi di ira, rabbia, livore, rancore; Odio: quella forza che genera distruzione. Esso partorisce morte e Guerra cavalca su sangue innocente versato.

La Terra continuerà a tremare nel tentativo di scuotervi dal vostro torpore e intanto il cielo piange le sue lacrime per pulire quel sangue innocente. L'aria si dimostra irosa, vorrebbe così risvegliare la coscienza di tutti e il fuoco trama nelle profondità della terra per esprimere tutta la propria ira.
I veleni sono in ogni dove, è l'uomo ad averli seminati; sono fisici quelli che condannano Madre Natura alterando gli equilibri e impedendo lo scambio fra cielo e terra. Gli oceani, i mari sono stati avvelenati. 

Questa disarmonia ha effetto a livello cellulare. Un'irradiazione perniciosa rende difficile la sopravvivenza di talune cellule, la degenerazione diviene una diretta conseguenza, per questo sentirete sempre più spesso parlare di quelle terribili malattie dinanzi alle quali la scienza ufficiale si scopre impotente. Parimenti, malattie metaboliche e genetiche si svelano proprio a causa di queste alterazioni elettromagnetiche che impediscono al meccanismo naturale insito in ogni corpo, di reagire come dovrebbe.

Anche il sole è ammalato, la luce non vi giunge come dovrebbe, non nutre più le vostre forze. Virus e batteri divengono più aggressivi. Questo squilibrio altera tutte le condizioni di Madre Natura che deve lottare per salvarvi anche da voi stessi ma intanto l'uomo continua ad avvelenare ogni cosa incosciente di quella antica armonia spirituale, continua a non farne uso.

Un tempo era Armonia ciò che produceva, adesso generando odio non può che generare distruzione; è questo ciò che osserverete sempre più spesso, è quella condizione che vi spingerà a sentirvi sempre più alieni in questa terra desolata e ciò nonostante farete perno sulla vostra virtù interiore, quella che riflette la vostra antica nobiltà, quella che vi ha spinto a scegliere ancora una volta il sacrificio tornando nella vita in questo tempo e sarà quella virtù a spingere in voi un sottile senso di commozione perché sì, sotto i vostri occhi vi è la distruzione, l'annientamento, ma allo stesso tempo rimane in voi memoria di quella che è la sacralità della vita, la vita che vedrete in ciò che diviene vittima di questo travaglio, la vita che sentirete sussurrare anche nell'aria che respirate. 
E' questa che vi commuoverà profondamente aprendo di nuovo la porta alla creatività e all'ispirazione che come una corrente travolge i vostri pensieri imponendovi di diventare quello che siete. 
Una poetica antica attraverso la quale molto di voi raccontando se stesso racconta ciò che avviene, una poetica antica che vi porta a riconoscere attorno a voi quelli che vi sono simili, altri poeti e altri “artisti”, perché così si distinguono quelle anime gentili che hanno un antico retaggio o che hanno ancora qualcosa da dire e che come voi non sono invano in questo tempo. E dunque non impotenti perché qualcosa della verità state già imprimendo nelle cose del tempo. (...)

(Concino, 15 settembre 2016)

sabato 1 luglio 2017

Un magico incontro





 
Una domenica pomeriggio, verso sera, andando da piazza Castello verso casa, attraversando i miei amati Giardini Reali, noto un piccolo assembramento di persone.
Mi fermo incuriosita notando un carrellino attaccato ad una delle bici da dove spuntano quattro micetti, una mamma con i suoi tre cuccioli.
Mi avvicino. Una coppia di signori anziani alquanto eccentrici stava conversando con una giovane coppia di studenti universitari. Evento assai singolare...
I gatti nel frattempo girellavano per il prato, la mamma osservava attenta, i giochi dei suoi tre cuccioli. Il tema della conversazione erano i gatti; i ragazzi erano molto curiosi di sapere come era possibile che non fuggissero per il parco e la signora rispondeva che era impossibile perché i piccolini si allontanavano poco dalla madre, e comunque lei li avrebbe riportati indietro se si fossero allontanati troppo. Il carrellino era come quello per portare i bambini, che si attacca alle bici dei genitori che usano la bicicletta e le relative piste ciclabili per spostarsi in città nei Paesi europei più civili del nostro. Mi avvicinai e salutai complimentandomi per i micetti 'in carrozza' unendomi alla compagnia.
La signora era elegantissima, come il marito d'altronde, ma ad uno sguardo più attento si poteva notare che ciò che indossavano non era affatto nuovo e forse comprato usato, un vintage autentico.
Infatti da lì a poco si parlò del Gran Baloon dal quale provenivano. La signora era andata in cerca di campioni di profumi di un tempo che ogni tanto riusciva ancora a trovare, solo lì.
"Sapete, erano ancora buoni, quelli di adesso sono solo profumazioni chimiche"
Ascoltare la signora era un raro piacere. Il marito ogni tanto interveniva con battute di spirito e osservazioni sagaci che confermavano ciò che la moglie diceva.
Dai gatti si passò a parlare del parco, dal parco alla natura, dalla natura ai profumi semplici da fare in casa, e da questi a semplici e nutrienti ricette vegetariane.
Il tutto buttato lì con una grazia disarmante ed un'eleganza d'altri tempi.
Ad un certo punto il ragazzo tirò fuori una sigaretta e chiese l'accendino alla ragazza ma lei non lo aveva. Il signore tirò fuori da una borsa tre piccoli accendini e ne porse uno al ragazzo; 
"Tienilo, io ne ho altri come vedi".
La signora si mise poi a frugare in una borsa attaccata al carrellino e tirò fuori una bottiglia di succo di frutta e qualche piccolo bicchierino di plastica, ne diede uno a ciascuno e li riempì dicendo "Bevete, fa caldo, avrete sete, beviamo al nostro incontro. Salute! Ah... rendetemi i bicchierini che poi li lavo...".
Un simile gesto di amicizia spontanea aveva il sapore d'altri tempi; un tempo più lento, più attento e umano.
L'eleganza, la semplicità, la serenità e nobiltà d'animo che traspariva dai volti e dalle parole di questi due "signori", entrambi oltre gli ottant'anni, avevano illuminato la mia serata.
Ogni volta che nel fine settimana mi capita di passare a piedi dai Giardini Reali, mi guardo intorno e li cerco. A ripensarci, mi sono sembrati quasi irreali, come venuti a trovarci dal passato.
Starei ore ad ascoltare i loro racconti, lì sotto i tigli di ciò che rimane degli immensi Giardini, o magari davanti ad una tazza di tè al gelsomino.


 





giovedì 29 giugno 2017

Per te... che eri me




Ti difenderò sempre.
Difenderò la tua spensieratezza, la tua riservatezza, la tua disarmante e atroce sensibilità, la tua allegria, il tuo coraggio.

Ci sei ancora, dentro, e credi ancora che il Cielo sia immenso e misterioso, incomprensibile e pieno di Luce nonostante tutte le tenebre che già vedevi allora e che vedi, sempre più scure, sulla Terra.

Il tuo sorriso dolce e vulnerabile, pulito e consapevole, l'ho ritrovato nei bambini incontrati a scuola.
I loro grandi occhi spalancati sulla vita, occhi che domandano senza parole, occhi che vedono oltre le maschere.
E tutti i loro 'non detti', le loro bugie pietose per difendere gli adulti più cari, la loro dignità, la loro gioia incontenibile, la loro fresca energia, mi hanno riportato a te.

Senza di te sarei un corpo senza cuore, senza gioia e senza speranza... un'anima persa nel "non-mondo", come lo chiama Claudio... vecchio saggio, maestro di vita.

Ti difenderò sempre da quegli umani che hanno perso candore, purezza e profondità di sguardo sul mondo e sugli altri; da chi pensa che essere adulti significhi prendersi tanto, troppo sul serio; da chi pensa di aver poco o nulla da imparare e non vede che i primi da cui si può, e si deve, imparare sono proprio i più piccoli tra noi.

E poi gli occhi immensi di Karim.
Senza parole per raccontarsi, dignitoso bimbo "antico", senza veli sulla propria povertà.
Buono come il pane di una volta. 

Lasciate che i bambini vengano a me

... diceva un Maestro di un tempo, ma non molti hanno capito il messaggio.
Peccato è scambiare innocenza con ingenuità, candore con puerilità, maturità con superiorità.

Perchè di questi è il Regno dei Cieli.
(Matteo 19, 13-15)
Matteo 19,13-15
Matteo 19,13-15


domenica 7 maggio 2017

Ricordo indiano -  agosto 1987

2° PARTE  - Jaipur


L'India è ormai per me un luogo della mia mente


Il rumore di uno scroscio d'acqua mi sveglia. Guardo giù in strada e vedo un fiume d'acqua color ocra. La gente si riversa in strada a ballare e cantare, ora si respira ed è una gioia! 
Dai muri della stanza escono blatte arancioni che non aspettavano altro per uscire dai loro ripari. 
Sì, perchè qui il caldo di agosto è una pena per tutti gli esseri viventi...

Stazione dei bus di Nuova Delhi, pare un caos indicibile, invece la sua logica è ferrea. 
La coda lunga e ordinata per i biglietti e poi lo spettacolo del piazzale... 
Gli autisti urlano il luogo di destinazione finale della corsa, non c'è un ordine di posizione, un'indicazione, nulla, solo nomi urlati di città.
 Jàipur-Jàipur-Jàipur-Jàipur!!! Ma manca un'ora. Attesa. Quarantacinque gradi all'ombra. 
Borraccia piena che si svuota. Il foulard bagnato di cotone giallo mi salva la testa. 
La coda del mio occhio vede che con flemma l'autista sale e mette in moto. 
Uno scatto... zaini in spalla e il vecchio bus Tata a tre marce si avvia verso lo stato desertico del Rajastan. 


Usciti da Delhi la strada è asfaltata ma non larghissima (o
ra c'è una normale autostradala Highway 8) e dopo circa sei ore per fare 200 chilometri, arriviamo nella capitale Jaipur, detta "la città rosa" fondata nel XVIII secolo dal Maraja Sawai Jai Singh II. Le orecchie fischiano ancora per la musica a tutto volume che "allieta" i passeggeri a bordo oltre al clacson usato al posto delle frecce... Mi sto abituando al caldo e le bollicine d'acqua sotto-pelle sono sparite. 
La città è stupenda e costantemente in festa. Col loro incedere lento e sicuro, passano elefanti con disegni variopinti sul corpo e il traffico non è terribile come a Delhi ma il caos è comunque sovrano. Dormo avvolta nel lenzuolo, come fanno gli indiani per assorbire il sudore sotto il lento ventilatore salvavita.

Io e Massimo litighiamo e la gente si ferma a guardare, in cerchio, come ad uno spettacolo di artisti di strada. Vergogna. Un abisso sembra dividere me e Massimo, noi e la gente che ci osserva. 
Mi rendo conto di quanto a volte siamo ridicoli noi occidentali.


Il caldo è opprimente ma la doccia non sempre si può fare perché in certe ore staccano l'acqua. 
Massimo mi tratta così male, umiliandomi e abbaiando cose cattive, che sto seriamente prendendo in considerazione la possibilità di tornare in Italia... ma poi il pensiero dell'immane fastidio del cambio del biglietto e la rinuncia, per colpa sua, ad un viaggio così bello, mi fa desistere. Decido di ignorarlo e di godermi ciò che l'India mi offre.
La sera mi addormento piangendo e invoco qualcuno, il mio angelo per esempio, un angelo bianco alto dieci metri; una tristezza infinita si è posata sul cuore.  
Penso: sono così fortunata ad essere qui, tutto mi sorride, tutti sono gentili con me e lui riesce ad ammorbarmi le giornate... che assurdità.


La mattina dopo decidiamo di dividerci e di andare ad esplorare la città per conto nostro.
All'inizio un po' di ansia, poi decido di prendermela con calma e di andare a bere qualcosa di fresco. Mentre sorseggio un lassi alla banana (il l
assi è una popolare bevanda originaria del subcontinente indiano a base di yogurt, acqua, spezie e qualche volta frutta), attaccano bottone due ragazzi musulmani vestiti all'occidentale. Ci sediamo e cominciamo a chiacchierare; appena scoprono che sono italiana mi fanno un sacco di domande, mi chiedono subito se sono sposata. Scontato. Rispondo di no ma che sono qui col mio ragazzo che è in giro per conto suo. Ovviamente per loro è inconcepibile e dicono: Crazy man!!  Chiedo cosa c'è da vedere di bello lì vicino così si offrono di portarmi in moto.
In modo incosciente, col senno di poi, mi fido perché li sento e li vedo puliti, e infatti con la loro Vespa raggiungiamo uno strano luogo con delle rovine ma ora il ricordo è molto sbiadito (forse le rovine dell'antica città di Amber o l'osservatorio astronomico Jantar Mantar prima del moderno restauro). Il silenzio del luogo disabitato non mi intimorisce affatto, anzi. Continuiamo a chiacchierare e ridere allegramente come bambini e dopo un'oretta mi riportano al bar dove ci siamo incontrati, un'altra bevanda fresca e ci diciamo addio...

Il giorno dopo girovagando insieme ci imbattiamo in un'enorme tendone bianco dove si sta svolgendo una conferenza per molte persone sedute a terra su dei cuscini. Ci informano che si tratta di un evento organizzato dai Jainisti* e che se vogliamo possiamo sederci ad ascoltare, dopo verrà offerto il pranzo vegetariano a tutti. Accettiamo. Non comprendiamo gran che del discorso. Il cibo è ottimo e si mangia con e mani. Davanti a me un anziano mi osserva e dopo un po' ci sorride e ci ricorda in un buon inglese che non bisognerebbe portare il cibo alla bocca con la mano sinistra. Ci scusiamo e ci sforziamo di imparare la non facile pratica...   









* Jainismo (o giainismo) Religione indiana, diffusa in tutta l’India (circa 2 milioni di seguaci). Si basa sugli insegnamenti di Mahāvīra (il «grande eroe», soprannome di Vardhamāna; 599-527 a.C), ultimo di una serie di 24 altri maestri (Tīrthakara). La via principale alla salvezza è nell’ascetismo, praticato fervidamente dai monaci jaina che per es. considerano come un merito particolare la morte raggiunta per fame. Essi non hanno alcuna proprietà privata, se non un recipiente per le elemosine, un fazzoletto, un abito e una scopa per rimuovere dal proprio cammino i piccoli esseri viventi affinché non subiscano offesa. Il non uccidere (ahiṃsā) è, infatti, la loro regola principale, cui si aggiungono il tenersi lontani dall’errore e dalla menzogna e la castità assoluta. Queste norme severe non valgono per i laici che, anzi, devono avere proprietà per poter aiutare i monaci e per costruire templi e conventi. 



CONTINUA CON LA 3° PARTE:
Gemma



Mi hai lasciato in eredità una manciata di sguardi, qualche parola e un po' di ironia.
Il tuo amore muto mi accarezza ancora, leggero come un soffio di brezza.
Come piccolo fiore di campo sei cresciuta e vissuta, all'ombra di alberi ombrosi.
Timida e cocciuta ti sei lasciata portare a spasso dalla vita e dalla vita ti sei congedata senza paura.
La tua cesta colma di talenti appena sfiorati è rimasta nascosta nel segreto del cuore.
Vestita da sposa mi sei apparsa in sogno un mattino d'inverno, felice, raggiante, con sorriso di bimba.
Finalmente felice!



lunedì 1 maggio 2017


Tre parole




Quando odo la tua argentina risata, quando scorgo la vaga dolcezza dei tuoi occhi, mi sento completamente avvolto da te come manto riscaldato dal tuo calore.

La tua innocenza, simile a petalo di fiore, la tua eterna adolescenziale freschezza, il fascino senza fine e la totalità di queste cose, volgono alla mia mente strepitosi voli della fantasia.

Così aggiungo parola a parola, confronto aggettivi con esotiche frasi ma tutto appare usato e banale, indegno per dirti quello che vorrei; allora prendo rifugio in quelle semplici parole confidando nel mio tono quando la mia mano sfiora la tua, allora le sussurro per conferire profondità, per conferire nuove significanti sfumature.

Semplicemente 3 parole: Io ti amo.


(Gianni)



domenica 16 aprile 2017


Nella scatola rossa




Nella scatola rossa ho trovato un bambino dagli occhi un po' stupiti di essere aperti, quasi sorridenti ma perplessi.


Quale sarà la prossima marachella che posso inventare?

Sono un bravo bambino ma faccio marachelle... perché se no che si viene a fare in questo mondo?


Nella scatola rossa ho trovato altre cose che mi hanno parlato di un giovane dagli occhi spiritati, onnipotente e un po' folle...

Solo la nostra stessa anima sa cosa ci serve, e tutto ciò che accade, in fondo in fondo, è giusto.


Il giovane un po' folle non c'è più ma il bimbo che eri lo vedo ancora nel tuo cuore, vispo e allegro come allora e i suoi occhi sono ancora aperti sul mondo e vedono ancora Bellezza.

mercoledì 4 gennaio 2017

La rosa si apre, questa è la sua ragione d’essere.” Eugen Roth



  


Fuori, fuori, esci fuori... forza centrifuga... approfittane... esci...

Colore...bello e caldo... tutto gira... mischiato... vortice... nel cuore, ora nel piede, le braccia... su, oltre le nuvole... nell’aria...pavimento... brivido fresco pervade tutto... i capelli… i miei capelli... si rizzano...

cuore, cuore, luce d’amore, senza pensiero, solo mistero...



Danzava così, sul pavimento caldo di legno, da ore. Il tempo era lento e lei ci stava riprovando. Prima o poi ci sarebbe riuscita. Un pensiero folle... uscire fuori...

Non osava confessarlo a se stessa ma intimamente nutriva la folle speranza di sentire schizzare via la sua anima nel bel mezzo di una piroette.

Il pomeriggio era ormai inoltrato e la domenica cominciava ad annunciare la sua fine. Era stata bene con se stessa. Non era sempre così. Si sentiva a suo agio nel corpo fisico, possedeva ogni atomo, ma non le bastava, era un mezzo con troppi limiti strutturali.

Certo si piaceva, la natura era stata gentile, le aveva dato un corpo esile ma resistente, ben modellato e agile ma a volte, nonostante la sua leggerezza, le sembrava un limite.



Il corpo le portò alla memoria la sensazione che per un attimo, poco prima, aveva assaporato a mezz’aria, tesa nel salto. Il grand jetè era il principe dei salti. Necessitava di una rincorsa e di una decisa spinta verso l’alto ma quando le gambe raggiungevano la massima apertura in spaccata, ecco che tutta la tensione raggiungeva l’apice e prima di ridiscendere, proprio lì, il miracolo... quel momento infinito di gioia suprema in cui Milla sperimentava la libertà dalla gravità di questo mondo. Sembrava che il cuore le dovesse esplodere di gioia e quell’attimo era per lei la prova dell’esistenza di Dio. Chiusi come siamo nei nostri involucri di materia pensante, ci risulta troppo spesso difficile immaginare di poter avere accesso al divino; ma lei aveva scoperto che ci sono passaggi segreti che a volte vengono rivelati ‘per caso’ e che conducono ad altre dimensioni dell’Essere. Era successo proprio così, ‘per caso’, durante una lezione. Il primo grand jetè che le era riuscito alla perfezione l’aveva portata là, e quando era ridiscesa a terra non era più la stessa.



Sudata e contenta uscì dalla sala e poi in strada. Era ancora primavera. Una primavera lunga quella di Milla; si attardava ancora, infatti, sulla soglia dell’estate del suo essere donna.

Solo ora, forse cominciava finalmente a sentire quella voce che dal fondo della sua interiorità le parlava con ancestrali parole. Voce di donna.

Una rosa bianca. Per troppo tempo aveva gelosamente conservato il suo profumo, era tempo di donarlo al mondo. Non lo aveva tenuto per sé per avarizia ma per paura. E se non era profumo? A lei piaceva perché era il suo, ma sarebbe piaciuto a qualcun altro? E così aumentavano le spine.

C’è chi dice che una rosa bianca manca di passione, troppo casta per inebriare; troppo distante e opportunista come colore, il bianco; respinge la luce, la riflette e non l’accoglie in sé. Ma ora aveva imparato ad amare la particolarità di quella specie.



Lui non si era fermato alle spine che spesso la circondavano di un’aria austera e, con attenzione, l’aveva colta, riposta al caldo, e lei si era aperta, quasi senza accorgersene. Le aveva raccontato dell’aroma discreto e squisito che era riuscito a percepire quando era ancora chiusa.

Lui l’aveva sentito quel profumo, e le aveva fatto notare la bellezza della sua sobria eleganza.

(Tratto dalla mia novella "Milla e Andrei - Breve racconto di amore e di alchimia")